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ospe omegna

OMEGNA – 28.07.2017 – La risposta più probabile

sarà che “queste sono le regole”, “non si può scegliere dove farsi curare” o “bisogna rispettare i protocolli”. A prescindere da tutto, cioè da norme e protocolli, ciò che risalta nel caso di un’anziana cusiana che vi stiamo per raccontare, è l’apparente mancanza di buon senso. La vicenda accade nei giorni scorsi. Una donna di 85 anni che vive in una frazione di Casale Corte Cerro e che soffre di numerose patologie che le impediscono anche di muoversi, non si sente bene. Viene chiamato il medico condotto, che la raggiunge nel suo domicilio e che, preoccupato che il gonfiore delle gambe potesse celare una flebite, decide che è il caso di portarla al pronto soccorso. Egli stesso chiama il 118 chiedendo che qualcuno venga a prenderla per portarla al Coq (l’ex Madonna del popolo), distante pochi chilometri e molto meno ingolfato rispetto al Dea del “Castelli” di Verbania. La risposta è che al momento l’ambulanza non c’è e che, quando sarà disponibile, l’anziana va trasportata appunto a Pallanza. I familiari, che per lavoro si trovano fuori città, si mettono all’opera per trovare una soluzione diversa e, dopo telefonate e richieste d’aiuto, riescono a portarla a Omegna, dove poi verrà visitata anche con alcuni esami specialistici. Il trasporto, tuttavia, svolgendosi al di fuori del servizio di emergenza 118, è a pagamento, con un esborso di 50 euro.

Più che il costo, ciò che lascia perplessi i parenti è il servizio e il fatto che, per un caso che non si presentava particolarmente delicato, Omegna non fosse la priorità o non andasse bene, il che riapre le riflessioni sulla sanità in provincia che, anche a Omegna, molto hanno fatto discutere a iniziare dalla chiusura notturna del punto di primo soccorso. 

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