OMEGNA - 14-2-2024 -- Una settimana fa, mercoledì 7 febbraio, l’ultimo saluto a Gilberto Carpo scomparso all’età di 89 anni.
Carpo è stato un grande artista che nel corso degli anni si è fatto conoscere ed apprezzare attraverso molte mostre in Italia e all’estero; a Omegna, sua città natale, per oltre trent’anni ha insegnato pittura e disegno all’Uni3 e nella sua intensa carriera gli sono stati assegnati premi e riconoscimenti di prestigio.
Oggi vogliamo ricordare il maestro Carpo con le parole del figlio Raimondo che ha affidato al News24 questo intenso scritto:
“Gilberto a soli 10 anni perde tragicamente il padre; sono gli anni della guerra, dei rastrellamenti nazisti, dei pestaggi fascisti e dei partigiani fucilati pubblicamente nelle piazze, eventi, questi, che segnano la sua infanzia e lo porteranno alle future scelte politiche. Anni dopo, rovistando nella vecchia soffitta, scopre un baule del padre contenente consunti pastelli e dispense sul disegno e sulla pittura e così, con questo ritrovamento, inizia a disegnare andando incontro al proprio destino di artista.
La sua condizione di orfano lo porta ad assumersi la responsabilità della famiglia e deve andare in fabbrica, lo sfruttamento, le ingiustizie sociali e le prepotenze dei padroni ne tormentano lo spirito libero; negli spazi di tempo Gilberto pittura e disegna e s’incontra con gli appassionati di arte del luogo.
Si sposa nel ‘59 con Bertilla, compagna indispensabile di una difficile vita, dalla quale non si separerà mai.
La ferriera, i compagni morti sul lavoro, gli scioperi e l’inizio di quello che poi sarà il ’68…Gilberto esplode, non ce la fa più: deve dipingere, deve esprimere nell’arte se stesso e il momento storico, lascia la fabbrica e diventa, con grandi sacrifici, pittore professionista.
Nei quadri di quel tempo la denuncia dell’uomo stritolato dalle macchine industriali, ingranaggi insanguinati, la pervadente modernità che distrugge l’uomo. Il suo attivismo politico nel p.c.i. lo rendono un personaggio scomodo e paga professionalmente questa scelta.
Dai suoi quadri spariscono poi le figure umane maciullate ed inizia a dipingere pervadenti mostri meccanici, astratte acute punte d’acciaio che paiono uscire dalla tela. E l’uomo? L’uomo ucciso dalle macchine, dov'è?
L’uomo sei tu osservatore. La vittima non è oramai più nel dipinto le vittime siamo noi che stiamo a guardare.
Gottuso e Picasso trascinano la sua ricerca pittorica sui confini delle proprie capacità tecniche ed espressive, non smetterà mai di distruggersi e di rinascere attraverso le più profonde crisi di transizione artistica.
La storia cammina e Gilberto quando non dipinge inconsueti paesaggi o figure di nudi passa alla denuncia ambientalistica con gli animali annientati dalla insulsa ingordigia del capitalismo moderno.
Il muro di Berlino è caduto insieme a lui muore anche il comunismo storico, nelle piazze restano solo gli echi dei cortei e i volantini davanti alle fabbriche li ha spazzati il vento. Gilberto ancora muore ed ancora rinasce.
Si trasferisce nella sua casa di montagna in Valstrona e lì, in silenziosa solitudine, entra in contatto diretto e spirituale con una natura rude e magnifica e riscopre una nuova fede e una nuova libertà: ciò che è stato creato.
Dipinge la natura le montagne non in modo banale e ripetitivo ma ne coglie l’essenza, i suoi quadri sono materici, le pitture ad olio si mescolano con la polvere di creta e le sue montagne, seppur non vere, sono concrete.
Nella sua fase artistica finale vale tutto: non c'è né forma né contenuto, solo espressione di bellezza.
Gilberto nella sua vita ha avuto molti incontri significativi dal punto di vita umano e artistico, fra i tanti voglio ricordare quello con il critico d’arte Giorgio Seveso, un amico importante che ha introdotto Gilberto negli ambienti artistici di Milano.
Gilberto muore il 5 febbraio di questo anno, alle ore 13.05; ora darà risposta alla domanda che lo tormentava nel suo ultimo periodo: la vita è eterna?”
r.a.